Match Point

Woody Allen

 

Provo a dare una chiave di lettura diversa di questo film rispetto a quella del “collega” dega e di dr. gonzo. In verità più che un’interpretazioni dissimile della pellicola, con queste righe vorrei gettare i presupposti per una discussione più ampia sulla natura stessa del Cinema; ossia la cinematografia può essere considerata una forma d’arte?

 

Per rispondere a questa domanda ci serve una definizione operativa di Arte. Compito arduo, ma la filosofia può venire in nostro soccorso. Croce afferma che a questa classica domanda si potrebbe rispondere, celiando, che l’arte è ciò che tutti sanno che cosa sia. Tale risposta non è una sorta di scherzo filosofico, in quanto egli è persuaso che l’autentica filosofia non faccia che esplicitare concettualmente ciò che ogni uomo, in qualche modo, già sa. Croce considera infatti l’arte come una forma teoretica dello spirito e la definisce come visione o intuizione. Nello specifico l’arte è l’intuizione individuale, cioè, conoscenza prelogica  o alogica avente per oggetto entità singole anziché concetti; e libera produzione di immagini. Nell’interpretazione crociana l’intuizione non è altro che l’immagine nel suo valore di mera immagine. Perciò si esclude la distinzione tra realtà e irrealtà che è propria della conoscenza concettuale e filosofica. Come forma teoretica, l’arte non è un atto utilitaristico e non ha nulla a che fare con l’utile o con il piacere e il dolore; né è un atto morale, e quindi esclude da sé le valutazioni proprie della vita morale. La buona volontà non ha niente a che fare con l’arte. Un’immagine potrà anche ritrarre un atto disdicevole; ma in quanto immagine non è né lodevole né riprovevole. L’artista come tale è sempre al di là del bene e del male. La sua vera moralità è quella intrinseca al suo compito o alla sua missione di artista, è il suo dovere verso l’arte. Di conseguenza, contro ogni forma di estetica intellettualistica o concettualistica, di arte subordinata al vero, utilitaristica, di arte subordinata al piacere o all’utile, e moralistica, di arte subordinata al bene, Croce sostiene la piena e totale autonomia dell’arte (l’unico scopo dell’arte è l’arte stessa, ossia la bellezza), affermando che l’artista è sempre filosoficamente incensurabile, utilitaristicamente indifferente e moralmente incolpevole.

 

In base a quanto appena detto: il Cinema è una forma d’arte? Dal mio punto di vista, ampliamente mutuato dall’estetica di Croce, la risposta non può che essere affermativa. E Match Point è un’ipostatizzazione di questo assunto.

Grazie alla ottima recensione di “dega” posso trascurare la trama (ben descritta nella sua critica) e concentrarmi su altri aspetti dell’ultima fatica del grande Woody.

Premessa: a mio parere Match Point è un grandissimo film. Sono uscito dal cinema con la  consapevolezza di aver visto qualcosa di particolare ma senza avere un’idea chiara del perchè la proiezione mi avesse così colpito. Una sensazione paragonabile l’ho avuta solo un paio d’anni alla fine della proiezione de “Il ritorno”  di Andrei Zvjagincev, film che ha influenzato molte delle mie convinzioni cinematografiche e che mi ha consentito di rivalutare pellicole che prima non amavo e che ora mi entusiasmano. Da una concezione del cinema prettamente concettualistica ho cominciato ad apprezzare (o  a sdegnare) un film nella sua interezza e complessità. Se un paio d’anni fa l’opera cinematografica di Bergman che prediligevo era “Il posto delle fragole”  ora è senza dubbio “Sussurri e grida”. Dega e la Callas obietteranno (e avrebbero ragione nel farlo) che disquisire sulla superiorità relativa di due pellicole di questo calibro sia utile quanto la filosofia dei perché. Vero, presumo però che Dega e la Callas abbiano già intuito il punto nodale a cui sto (lentamente) arrivando. Lo esplicito per tutti. Valutare la grandezza di un film solo o principalmente dalla struttura filosofico-concettuale su cui esso si basa mi sembra molto riduttivo e spesso fuorviante. Ridurre un capolavoro come Stalker  ad  una, plausibile ma contingente, interpretazione dostoevskiana  o di velata critica al regime sovietico è insultante verso Tarkovskij; poiché “…come accade nei poeti, e Tarkovskij  fa un cinema di poesia, la filosofia di Stalker passa attraverso l’emozione delle sue immagini”(Morandini). Medesimo ragionamento è applicabile per molti film di Fellini.

Concentrarsi eccessivamente sui contenuti rischia quindi di far perdere una visione di insieme  coerente al fine di una valutazione esaustiva. Trascurare elementi come fotografia, colonna sonora, coerenza nel montaggio, recitazione, ambientazione ecc.  è quindi inconcepibile.

E’ applicando un ragionamento di questo tipo che Match point può essere elevato al rango di “quasi capolavoro”. Sviscerare il film dal punto di vista prettamente contenutistico è fortemente limitativo; credo non ci volesse il genio di Allen per scoprire che la fortuna svolge un ruolo preponderante nella vita degli uomini e che il relativismo morale, da sempre presente nella storia dell’uomo, oggi stia imperversando più che mai. Non del tutto convincente mi è sembrata anche il parallelo  fra Chris e Raskolnikov. Che Delitto e castigo sia il modello letterario del film è indubbio ma sono altrettanto palesi le forzature interpretative sotto questa chiave di lettura. Manca la confessione di Chris al poliziotto che, per un accostamento credibile con Raskolnikov e Porfìrij, risulta essere un vuoto incolmabile rendendo tutto questo gioco a incastri  scarsamente verosimile. Porfìrij e il poliziotto (di cui non ricordo il nome) hanno diverse caratteristiche in comune che ne rendono plausibile il riferimento, tuttavia la qualità del ruolo di Porfìrij in Delitto e castigo non è paragonabile con quella dell’investigatore in Match point.

Le cose più interessanti del film sono invece riscontrabili sul piano stilistico; Londra è straordinariamente funzionale, la colonna sonora splendida, una sceneggiatura senza eccessi (per essere un film di Allen) e, come già sottolineato da Dega, interpretazioni eccellenti.

In sintesi: un’opera d’arte dovrebbe essere la perfetta fusione di forma e contenuto, come sosteneva Hegel. Match point è un’opera d’arte in cui la forma è decisamente superiore al contenuto.

 

 

                                                                                                               Il pdCA