Il caimano

 

Un film di Moretti senza Moretti non è all’altezza dei migliori film di Moretti (preferisco il Moretti intimista), senza nulla togliere all’eccellente prova di Silvio Orlando e all’ottime interpretazioni della solita nevrotica Buy e della pro-Pacs Trinca. Perché non sarà mica un personaggio, Moretti, nel Caimano, vero? Piuttosto assomiglia a un demiurgo, o, anche, un demonio che plasma la finzione cinematografica con un cinismo benevolo nei confronti delle difficoltà dei suoi personaggi-burattini, e, quando ne sente il bisogno, si cala nella realtà interpretando con un ghigno beffardo stampato quella parte che più giova al suo narcisismo. Per questo mi si passi il termine di “diavoletto”. Questo spiritello però non si limita solo a questo: a volte sembra parlare per bocca di Orlando, produttore di B-movies in crisi multilaterale, quando il film ancora s’ha da fare e si soppesano con cautela tutti i pro e i contro dell’argomento Berlusconi (che gl’interessa alla gente? Quelli che vogliono sapere sanno, gli altri non intendono comunque; e via dicendo). Qui Moretti, con esercizio di autoapologia, alla fine decide che il film si può fare e Silvio Orlando se ne assume l’onere, sotto le pressioni della aspirante regista-sceneggiatrice Jasmine Trinca. Solo uno squattrinato poteva scegliere di fare un film su Berlusconi (il ritratto dell’epopea berlusconiana non può che essere un B-movie). Questo il parto, abbastanza semplificato, dell’idea di un film sull’uomo più potente d’Italia. Il quale è rappresentato sin dagli inizi, da quando, palazzinaro seguito dall’eco “da dove vengono i soldi?” costruisce città e televisioni, futuri strumenti di diffusione della non-ideologia berlusconiana. Più l’opera prosegue, più il caimano diventa una sorta di tabù negativo da esorcizzare simboleggiato, forse con un piccolo saltus, dall’avanzare della crisi coniugale di Orlando e della Buy.  Il ritratto che alla fine ne risulta è tutt’altro che scontato.

Siamo davvero sicuri che il film possa essere minimamente significativo ai fini elettorali? Che il colpo parta, invece di rimanere in canna? Perché l’idea che, almeno a me, è scaturita è quella secondo cui Berlusconi è davvero un grand’uomo. Sospendiamo la domanda-clou sui soldi e pensiamo puramente alla sua scalata al potere: grandiosa. Essa inizia sugli scalini dei suoi studi televisivi, meno banalmente di quel che si possa pensare. Dare le ballerine seminude quando sulla tv pubblica sono tutte vestite e, soprattutto, ricordarlo, conficcarlo nella testa del pubblico rappresenta di per sé un atto politico. Ponendosi come filantropo sui generis spiana la strada al suo futuro politico. Probabilmente se avesse fondato allora, vent’anni prima del ’94, un partito e ci fossero state le elezioni, se l’Italia fosse la Lombardia egli avrebbe vinto. Costringendo tutto e tutti a rincorrerlo (giustizia e politica) Berlusconi è sempre un passo avanti, la creazione ad hoc di una sua ideologia autoreferenziale plutocratica e populista sfalda, impoverendole, le normali categorie della teoria politica, ed anche la sinistra ne ha risentito. Tutto ciò è ben chiaro agli occhi di Moretti, quando dice –il diavoletto sotto mentite spoglie- che la domanda che la gente di sinistra vuol sentirsi dire è, sempre, la stessa: “da dove vengono i soldi?”. Mica tante balle! Che la si dica con Ferrara poco cambia: per Moretti Berlusconi ha già vinto. Ed infatti Nanni non insiste troppo sulla meschinità del caimano, ma sulla miseria degli italiani. Per questo ogni polemica su un film elettorale è strumentale ed inutile. Per questo neppure il popolo di sinistra si è mostrato entusiasta dell’opera, per questo Ferrara si è spancellato dal ridere e Ghezzi, il padre di Blob, ha lamentato con linguaggio da vero guru radical-chic perfino l’influenza berlusconiana nello stile morettiano. Che cosa mancava al totipotente Berlusconi? Un film su di sé, ovvio. Meglio ancora se un film in cui altri lo interpretano, sennò anche la Guzzanti basta e avanza. Nel Caimano in persona non appare se non al Parlamento Europeo nella ben nota polemica del kapò (vi consiglio di badare all’espressione di Fini in basso a sinistra a dimostrazione che quando il capo parla a braccio è imbarazzante per tutti) e in tribunale quando fa sfoggio impressionante della filantropia materialista di cui sopra. Nel resto sono addirittura in tre ad interpretarlo, e l’ultimo è Moretti che da diavoletto si trasforma in diavolo vero e proprio nella inquietante scena finale (simile all’ Al Pacino de “L’avvocato del diavolo”). I due narcisismi, di Silvio e Nanni, si completano alla perfezione. Così, a due settimane dal voto, il centrodestra fa del vittimismo, banale, scontato ed elettorale, su questa sinistra che è unita solo nella calunnia contro il premier, ma Berlusconi, sotto sotto, ci gode ed urla con forza dal palco di Napoli: “Io sono il caimano!”