Visto che ogni tanto qualcuno mi chiede: “Hai letto il Codice Da Vinci?” con aria da cospiratore, come se in giro ci fossero agenti dell’Opus Dei pronti ad origliare ogni eretica conversazione, recensiamo ‘sto libro che mai avrei pensato di recensire…

 

Dan Brown

Il Codice Da Vinci

 

Confesso: l’ho letto (ma non l’ho comprato); anzi l’ho divorato, anche perché in quel di Edolo (BS), località montana nota per il turismo della terza età e la non trascurabile bruttezza, in effetti non c’era molto di meglio da fare. Diciamolo: mr Brown non è ‘sto gran scrittore, ma ha il dono di saper accalappiare il lettore, e trascinarselo dietro lungo svariate centinaia di pagine senza un attimo di respiro; il metodo che usa è quello più elementare, la creazione di un ritmo serrato che non è né passione intellettuale né coinvolgimento emotivo: è semplicemente l’accumulo forsennato di colpi di scena e continue rivelazioni che rimandano alla riga, al capitolo successivo attraverso la formula infallibile del “cosa succede adesso?”. Aggiungasi un bel po’ di sensazionalismo da “scoperta-del-vero-senso-del-mondo”, che si svela un tanto al chilo nel corso di una lotta contro il tempo in cui gli eroi della modernità/verità (un iperbrillante, colto e intraprendente studioso americano di tuttologia e una poliziotta scientifica francese strafiga) cercano di impedire il trionfo delle forze ecclesiomafiose dell’Opus Dei, e il risotto è pronto. Poco importa se si arriva alla fine e si dice: e mo’?; il Codice Da Vinci in fondo è un prodotto di intrattenimento che ottiene il suo scopo: è un modo disimpegnato e tutto sommato divertente per passare il tempo.

Il problema sorge quando balza all’occhio che tale prodotto di intrattenimento da chi lo commercializza è venduto come se fosse DAVVERO la  “scoperta-del-vero-senso-del-mondo” – e che di conseguenza molte persone lo acquistano, oltre che per sana voglia di intrattenimento, per curiosità o semplicemente per moda, con la speranza di trovarvi verità rivelate e definitive rivelazioni; e che il successo spropositato dell’opera non è dovuto alle sue indubbie qualità di thriller da supermercato, ma dall’aura di verità rivelata che si porta dietro. Lungi da me criticare mr Brown e le sue approfondite ricerche; nel Cenacolo di Leonardo ognuno veda quello che vuole, il mito della Madre Terra è vecchio quanto il mondo ed è legittimo tirarlo fuori, ogni tanto (tanto più che ora va molto di moda), su Gesù Cristo e Maddalena i pettegolezzi si sprecano - c’hanno pure scritto su un vangelo apocrifo. Ma vi prego, signori, restiamo coi piedi per terra. Un conto il merchandising, un conto la storia. Abbiamo visto e venerato tutti un milione e mezzo di volte la trilogia completa di Indiana Jones, che in fatto di cazzate e libere interpretazioni della storia universale non è seconda a nulla, ma nessuno ha mai realmente preteso che lo facessimo pensando di scoprire la verità sull’Arca dell’Alleanza (è a tutt’oggi sigillata in una cassa in un magazzino del governo americano, vi rammento), né si è mai preteso di dare da bere che sotto Venezia ci sono catacombe inondate di petrolio che nascondono la tomba di un cavaliere della prima crociata. Qui invece mi si da l’idea – e a onor del vero, non è colpa imputabile al libro in sé, e forse nemmeno all’autore stesso – di cercare di replicare in grande quel fenomeno di massa che è lo spaccio di segreti universali, che sta alla base della proliferazione di quell’infinita serie di bestseller mondiali che trattano solitamente delle ultime sconvolgenti scoperte su Atlantide, la piramide di Cheope, l’Isola di Pasqua e la vita sessuale di Capitan Cappella, e sono qualcosa di molto simile a un gigantesco imbroglio collettivo. Scusate se mi sono dimenticato la punteggiatura.  Qualcuno mi accuserà di intransigenza cattolica e le solite cose; ma vorrei far capire che non è affato questo il nocciolo del problema. La storia della chiesa delle origini è un campo talmente delicato, intricato e di fatto sconosciuto da lasciar spazio a tutte le interpretazioni possibili. Anzi, quella di Brown è in fondo una delle più edulcorate e tutto sommato innocue, lasciatemelo dire, e per giunta cerca, contrariamente alla strombazzata volontà iconoclasta, di non pestare davvero i calli a nessuno, men che meno alla chiesa cattolica. Certo che se è vero quel che mi racconta Degababa, che le autorità ecclesiastiche lo hanno praticamente messo all’indice, siamo davvero alla frutta. se volete leggere qualcuno che parli male della chiesa, nascente e prevaricatrice, o dominante e inquisitoria, andate a leggere Gore Vidal (Giuliano) o il buon vecchio Luther Blisset (Q.): che saranno pure libri fortemente e ferocemente partigiani dell’anticlericalismo più acceso, ma perlomeno sono davvero dei gran libri, buona letteratura, lasciatemelo dire, e rivelano documentazione attenta e meditazione profonda. Caratteri che mancano a Dan Brown, e che di fatto gli vengono attribuiti per pura speculazione commerciale.

 

                                                            F.S. ora Brindone