MANGIARBERE – BIGIO SPOTTI di
Rosolino Capelli
Osteria
Via G. da Cremona, 46 – vicino la chiesa di
S. Michele
Chiuso la domenica
(unica grande pecca)
Lasciate che il fighetto consumi il suo aperitivo modaiolo nei wine bar di piazza Stradivari e attigui, vetrine luccicanti per la munifica
esposizione di scarpe prada e felpe FIAT,
sorseggiando in alti calici vinelli sciacquati ed insapori cinque euri al bicchiere, pescando tartine sofisticate su lunghi
banconi marmorizzati, mentre un barista con le meshes
shakera a casaccio - ma a ritmo - sotto lo sguardo bendato di una Giustizia
affrescata in technicolor… Abbandonate la fiera della vanità milaneseggiante e davolica, e
inoltratevi appena un poco nei vicoli di questa Città Vecchia dove si aggirano
enormi preti intabarrati a cavallo di bici sferraglianti e la nebbia striscia
per viuzze strette tra una chiesa e un portone malandato. Qui, qui troverete ad
aspettarvi Rosolino. Rosolino! Più che un luogo fisico, uno stato della mente –
un voto sciolto all’altare di un alcolismo familiare, nostrano e genuino; uno
di quegli antri della memoria dove l’aperitivo si declina
nel più semplice ed antico dei codici binari (bianco/rosso) e si officiano i
riti atavici della cremonesità, su tavoli di legno
all’interno nei nostri nebbiosi inverni, su sedie di plastica sul marciapiede
nelle nostre torride estati. In mano, un bicchiere di vetro
opaco sempre ricaricabile al modico prezzo di 90 cent, tra salumetti
ricchi di grazia, lucidi nervetti pronti a
dileguarsi in un tripudio di salive e pane, leggendo la Provincia, giocando a
carte, cazzeggiando al bancone. Il tutto, nei casi
peggiori, ti costerà non più di due euro e mezzo: amico, uscirai soddisfatto e
intimamente sorridente, un po’ alticcio e con l’appetito piacevolmente stuzzicato
dai sapori amici del salame, della coppa, della soppressata. E con animo
sereno, affronterai il ritorno - ti imbatterai un po’ brillo in ciao su
un marciapiede con tua madre come Capitan Cappella, navigherai dondolando in
bici verso casa. In attesa di tornare il più presto
possibile; nella certezza che èl Rosul
sarà sempre lì, nei secoli dei secoli amen. L’oste baffuto ridacchierà col suo Tutankhamon d’oro al collo, motteggerà e verserà; lo
sguardo vagherà, sempre più compiaciuto bianco dopo bianco tra una foto di Gullith e un ceppo di legno a forma di teschio bovino,
indugerà sul proclama di una maialata e relativo menù suino, prenderà atto
della sublime ironia di un grosso lucchetto dal significativo
nome di “Luchetòn” (scioccone NdR).
Il vecchio nano signore del luogo (sarà ancora vivo, tra l’altro?) si assiderà
in trono impugnando il suo bastone; il figlioletto con l’apparecchio
dell’ingegnere etilista, seduto nel suo cantuccio con lo zaino, aspetterà, si
guarderà intorno con occhio già vacuo, ed apprenderà alla scuola che fu di Bigio Spotti e dei nostri
nonni che cosa vuol dire essere cremonese – e un giorno farà parte anche lui
del Club dei Rompiballe. Ah, il Rosolo!
(Il nano deforme l’abbiamo visto
proprio oggi, 11 febbraio, davanti ai Templari.)