MANGIARBERE – Trattoria “Da Lilli”, Roma

 

Nome: Trattoria “Da Lilli”

Indirizzo: Via di Tor di Nona, non si può non vedere, appena giù dalle scale che portano sul Lungotevere di fronte al palazzaccio (Palazzo di Giustizia). Roma

Prezzo di un pasto tipo: fidatevi.

Giorno di chiusura: non so, ma fidatevi.

 

La prima volta che misi piede nella Trattoria “Da Lilli” avevo quattordici anni. Fu un benevolo regalo del caso: era estate, una torrida mattina romana trascorsa tra le rovine delle Terme di Caracalla. Avevamo calcolato male i tempi, e all’una e mezza ancora vagavamo tra calidarium e frigidarium, spossati dai raggi infuocati e terribilmente affamati. Pardon, non ho ancora detto chi eravamo. I miei genitori, mia zia dalla parte di padre, i suoi due figli, miei cugini. Uno di questi è meglio noto come il truzzo, grande campione nei giochi di rally nelle sale cremonesi (ricordi Cap Cap?), allora vanitoso nel paragonarsi a Leonardo di Caprio, eroe, grazie a Titanic, di quegli anni. Faceva un caldo asfissiante, dicevo, e la zona in cui ci trovavamo, la fertile valle fra Palatino e Aventino, non era proprio generosa in fatto di ristoranti. Così avemmo la splendida idea di chiamare un tassì (l’alternativa era quella di farci ospitare da Alberto Sordi, di casa laggiù), che arrivò un quarto d’ora dopo. “Bongiorno, nd’annate?”. “ Ovunque, basta che si mangi. Ci porti lei. dicemmo in coro.

Chissà perché, ma chiunque abbia a che fare con i motori pare debba intendersi di buona tavola. Scontato il caso dei camionisti. Poche pretese e sano godimento culinario. Anche questo tassì confermò la leggenda. Da allora ad oggi, sono stato a Roma quasi dieci volte e so bene come ci siano ottimi ristoranti anche vicino al Colosseo, o a Trastevere. Avrebbe potuto portarci lì, invece pensò che questi squattrinati turisti nordisti (si fa per dire) potessero essere tra i pochi clienti di quella giornata esiziale, e quindi decise di farci fare un giro verso Piazza Venezia, deserta come solo nei film si può vedere, verso i palazzi della politica, saltò Gino (gliene sono grato, chè tanto qualche anno dopo me lo avrebbe fatto conoscere il Gastroegoista), ci condusse in via di Tor di Nona, appena sotto il Lungotevere di fronte a Castel Sant’Angelo. Alla trattoria “da Lilli”, diverse migliaia di lire lontano dalle Terme, stavano servendo il dolce ai clienti che rimanevano (erano quasi le due e mezza), noi ci accomodammo e ci facemmo servire un bel piatto di amatriciana con una caprese come secondo. L’amatriciana fu divina (dello stesso livello la fanno adesso i miei, altrimenti non amerei, come si dice, la genuina “cucina di casa mia”), la caprese fatta ad arte. Ci vuole arte anche per scegliere e mettere assieme mozzarella e pomodoro. Capimmo che era un posto da ricordare. Così feci, e quando qualche anno dopo tornai a Roma in compagnia degli amici, adesso tutti Idioti, li portai una sera in quella manna di locale. Loro, scettici, si lamentavano perché li facevo camminare, dal Fiori a lì non è proprio due passi. Allora (forse pure adesso) il Gastroegoista era il guru culinario del gruppo, logico diffidasse del consiglio di un mingherlino. Dovette ricredersi.

“Da Lilli” è un posto frequentato da vip, un ritrovo da Dolce Vita, anche se lontano da Via Veneto. C’è chi, vedendo seduto Memo Remigi ad un tavolo, dall’emozione fece cadere una bottiglia d’acqua sul piatto della Divina Amatriciana rompendolo, ed affrettandosi a mangiare l’ultima forchettata, già arrotolata e non intaccata da cocci di vetro. C’è chi giura di aver visto nientepopodimeno che Donatella Versace, ma questo, scusate, è troppo e non ci credo. Se passate da quelle parti,la Piazza Navona degli artisti di strada che Veltroni vuole sfrattare e Sgarbi invece difende, il Vaticano, o posti del genere, o soprattutto se dovete ancora andarci, sfumacchiando sigarette self-made fatte su in riva al Tevere o, perché no, al tavolo di Lilli (non vi guarderanno male, tranquilli), questo ristorante è il posto più adatto. Ci sarà sempre un oste pronto ad accogliervi e ad offrirvi le primizie di casa, tra cui spiccano, oltre alla supernominata amatriciana, anche un coniglio alla cacciatora e un arrosto da far ingolosire qualsiasi buona forchetta senza lasciarla a secco di soldi ma di forze. Siesta consigliata, al Pantheon