Pieve di Tremosine
Sopra
La strada per arrivarci
è incredibile: un serpente avvinghiato alla roccia nuda. Si lascia
Pian piano le gallerie sembrano
avere il sopravvento, “dove mi stanno portando?” vi capita di pensare
dal sedile posteriore. La strada s’incunea in profonde rughe della montagna
segnandone la superficie poco assolata. Ogni tanto ci pensano il lago e il Monte
Baldo a farvi orientare di nuovo, poi ritornano le gallerie. L’ultima è la più
lunga e buia, quasi fosse stata progettata per aumentare l’attesa e la
meraviglia, che proverete una volta arrivati
dall’altra parte; non appena la luce li colpirà, i vostri occhi ansiosi
scorgeranno il ruscello che li guiderà verso il vostro obiettivo, l’Ultima
Casa Accogliente, il ristorante
C’è la possibilità di mangiare all’aperto, trai
gerani rossi, ma bisogna specificarlo alla prenotazione. Dentro, il posto è
senza infamia né lode, tutto sommato accogliente; unica nota veramente negativa
è la testa di un cervo imbalsamato, tra l’altro finta,
considerando le dimensioni ed il fatto che le corna sembrino di plastica e
ricavate da due unicorni, in modo che non piaccia né a noi amanti degli
animali, né, credo, ai cacciatori più sanguinari. Il menù prevede un’ampia
scelta, anche per chi non mangia carne. C’è anche la pizza, ma nessuno di noi
l’ha presa. Come antipasto ho ordinato verdure alla
griglia, mentre i miei commensali, vogliosi di pesce,
hanno preso pepata di cozze - “la più
buona che abbia mai mangiato” dice Ericuccia – ma si
sono concessi anche affettati misti tipici. Poi tagliolini asparagi e gamberi
per Ericuccia, l’Anto ed io
abbiamo spazzato gnocchi al tartufo di Tremosine –
una versione opaca di quello piemontese, Gheba
spaghetti allo scoglio e Patrick linguine alle
vongole. Mi chiedo tuttora che cosa avesse a che fare quel posto col pesce, ma,
a quanto pare, è la loro specialità, pesce di mare e
pesce di lago e fiume. Naturalmente s’è ordinata una caraffa di vino bianco, di
cui l’Ericuccia ha abusato:
Il secondo non l’ha
preso nessuno, ma siamo passati al caffè
direttamente, poiché le porzioni erano davvero abbondanti, sicuramente più dei
soldi nei portafogli. Ci hanno offerto pure il limoncello,
che ho dovuto accettare con rammarico, visto che ero riuscito eroicamente a
trattenermi dal vinello, poi ci siamo chiesti se non fosse il caso di portare
l’Ericuccia in una comunità. Alla fin della fiera abbiamo
speso 16 euro a testa circa.
Nel ritorno abbiamo percorso una strada
alternativa, passando sopra al ponte (vedi foto), guidati dal navigatore
satellitare di Patrick, Tomtom,
che ho guardato per tutto il viaggio, e mi viene ancora la nausea adesso, se ci
penso.
Foto: