Volver
di Pedro
Almodovar
Non so se avete mai visto un film di Almodovar, ma ne vale quasi
sempre la pena. Di mio, io ne ho visto uno intero per
bene al cinema (“La mala educacion”) e almeno tre in
modo scombinato e pessimo, se si considera che le trame almodovariane
sono quantomai articolate e complesse (“Tutto su mia
madre”, “Parla con lei” e “Donne sull’orlo di una crisi di nervi”) e richiedono
tutta l’attenzione dello spettatore per essere comprese.
Almodovar mi piace per almeno
tre motivi. Il primo, come racconta lui le donne non
lo fa nessuno (e dire che è omosessuale fino al midollo). Secondo, quando
guardo i suoi film è un gioia per il mio gusto
estetico, vorrei vivere anch’io in quelle città sfavillanti di colori come
Barcellona, in quelle case con le piastrelle così chiassose di blu e arancio e
verde, vorrei vestirmi anch’io come le protagoniste dei suoi film (ma non ne ho
il coraggio, né ho le bocce di Penelope Cruz, ahimè). Terzo, i titoli di testa e quelli di coda, non c’è
modo per descriverli senza peccare con aggettivi usurati tipo “fantastici” o
“geniali” per le loro soluzioni tecniche e cromatiche (ma questo potrebbe
essere un sottomotivo del punto due). Quindi, terzo, le storie, sempre così avvicenti
e intricate, così
ben congegnate, senza
nulla togliere allo scavo psicologico nei personaggi.
Non vi racconto la trama di Volver
perché è troppo difficile e macchinoso, ma vi consiglio senz’altro di andarlo a
vedere, perchè è un bel film. (oh, se vi fidate,
altrimenti, visto che siete dei beceri sessisti, andatelo
a vedere perché in un’inquadratura su due c’è quella bella figliola di Penelope
Cruz che mostra le sue bocce).