Frank Schätzing

Il Quinto Giorno

Editrice Nord, 2005; 1032 pg.

 

Originale opera prima di un giornalista tedesco con l’evidente passione (o mania?) per il mare; ponderosa e documentatissima ma coinvolgente – con le dimensioni e qualche difetto (inevitabile, ma veniale), del kolossal fantascientifico, senza (per una volta!) retoriche americaniste/belliciste; anzi, animato da un evidente scetticismo (anche se non sappiamo quanto di maniera) sulla civiltà industriale contemporanea e i metodi dei governi, e per contro venato di ambientalismo militante.

L’ennesima minaccia di annientamento per l’umanità, come accennavo all’inizio, stavolta non viene dallo spazio, ma delle sconosciute e insondabili profondità degli oceani. Tutto comincia con una strana sequenza di fenomeni inquietanti: proliferazioni incontrollate di meduse velenosissime, sparizione dei banchi dalle zone pescose, inspiegabili attacchi lungo le rotte commerciali, epidemie veicolate da prodotti ittici. E’ come se l’intero ecosistema marino si stesse ribellando all’invasiva presenza umana, facendo uso di armi impreviste: i cetacei sono all’improvviso intelligentissimi e gregari, specie sconosciute, vere “armi biologiche” compaiono un po’ ovunque. Tutti gli sforzi di capirci qualcosa condotti da militari e scienziati non danno esito – e intanto la catastrofe diventa globale, col commercio mondiale paralizzato, le nazioni costiere più arretrate sull’orlo della catastrofe alimentare, l’Europa centrale e la East Coast in ginocchio per la pandemia. Soprattutto, con la consapevolezza che non è che l’inizio: perché qualcosa è all’opera anche sui giacimenti sottomarini di metano e lungo le correnti oceaniche, facendo prospettare scenari da estinzione per la specie umana… Chi o cosa è dietro tutto questo? E’ davvero il più terrificante complotto terroristico mai ordito contro il mondo occidentale? O bisogna dar credito agli scienziati che hanno redatto il rapporto “Quinto Giorno” – un’intelligenza non umana è in azione negli abissi, e vuole liberarsi una volta per tutte dall’ingombrante e inquinante coinquilino terricolo?

La prima parte del romanzo, quella più eclatante e catastrofica, in cui succede di tutto e ci sono troppe domande e nessuna risposta, scorre via in velocità, in un crescendo di tensione molto ben gestito. Schatzing mette in campo una natura sfaccettata e tremenda, terribilmente aliena ed implacabile, e la padroneggia in modo incredibilmente sicuro e particolareggiato; e si sofferma pure con perizia su tecnologie e teorie scientifiche (specie quelle sul comportamento dei mammiferi, e sulla “tenuta” delle piattaforme continentali); sembra di leggere il miglior Crichton, quello di Jurassic Park, per intenderci, ma con un respiro molto più titanico. L’unico intoppo è che spesso si scende troppo nel particolare, specie per quel che riguarda congegni e macchinari vari.

La seconda parte si butta invece più radicalmente sul fantascientifico; l’attacco globale passa in secondo piano, la tensione diventa più che altro intellettuale: siamo di fronte agli sforzi del brain trust internazionale per venire a capo degli enigmi – e al contempo, allo sforzo dell’autore di trovare un bandolo della matassa che non deluda il lettore ormai “carico” di 600 pagine di preambolo. Schätzing evita abilmente il rischio della “cagata pazzesca” o della banalità sconcertante; si lancia in un’acrobazia mentale affascinante e vince la sua scommessa, creando una delle forme di vita più profondamente “diverse” della SF di questi anni. Aliena non solo nella biologia, ma perfino inconcepibilmente remota nel pensiero e nella morale (ma si può davvero ragionare in questi termini?). Per intenderci, non i cosi di Independence Day, gli scarafaggi di Starship Troopers o i soliti marziani tecnologicamente superevoluti.

Ahimè, il finale un po’ delude – al di là della strage di personaggi, molti dei quali tutto sommato erano comparse, l’escamotage che salva la situazione sembra davvero nell’ambito “cagata pazzesca”/banalità sconcertante, almeno a prima vista. Eppure, anche questo è un momento di radicale originalità: è la prima opera del genere in cui gli alieni non spariscono in un botto trionfale, ma anzi gli umani sono costretti ad un armistizio molto somigliante ad una resa. Nella consapevolezza che la distruzione (che ad un certo punto diventa almeno tecnicamente possibile), di una forma di vita così antica, diffusa, evoluta e, soprattutto, radicalmente ignota potrebbe apportare all’ecosistema planetario un danno ancora più grave dei suoi stessi attacchi consapevoli – e trasformarsi in un suicidio. L’epilogo ha ancora qualche cartuccia da sparare, con lo sguardo inquieto e smarrito di uno dei protagonisti su un mondo tragicamente “nuovo”, rovesciato e senza certezze per l’umanità.

 

Segnaliamo per completezza che uno dei protagonisti, lo scienziato norvegese autore del rapporto “Quinto Giorno”, E’ salvo lievi dissomiglianze, il nostro Sir Gastroegoista.