In previsione di una nuova recrudescenza di ostilità ideologica tra gli Idioti, in vista dell’uscita del Codice da Vinci, ma soprattutto causa il proseguire delle polemiche su piazza GPII, che non mancherà di generare la solita baraonda al termine della quale Gonzo e Poncharello partiranno per Roma, con un cappio appeso alla sella per impiccare il Papa, colgo l’occasione per suggerire brevemente agli Idioti una lettura a mio modestissimo giudizio molto utile, se non per capire, per lo meno per acquisire informazioni interessanti, su uno degli argomenti su cui più spesso ci si accapiglia, il rapporto tra stato e Chiesa.

 

Renè Remond

La secolarizzazione

Laterza, 1998; 302 pg.

 

Anzitutto, due parole sul progetto editoriale – che sembra fatto apposta per stuzzicare i brindoni. La collana si intitola “Fare l’Europa”, ed è il risultato della collaborazione tra cinque editori europei (uno italiano, uno tedesco, uno francese, uno inglese e uno catalano), che hanno pubblicato in contemporanea, a cavallo tra gli anni 90 e 2000, una serie di monografie storiche di autori “di peso” (tra cui Eco, Burke, Tilly, Livi Bacci etc. etc.), sotto la supervisione di un direttore d’eccezione, il sempreverde Jacques Le Goff, aventi per tema aspetti “fondanti” la storia comune dell’Europa. (Non mi sbilancio, almeno io che scrivo questa recensione, a parlare di “identità” europea, perché secondo me è decisamente mettere il carro davanti ai buoi; ma è un’altra storia e forse un’altra rubrica e lascio perdere.)

Questo specifico volume – disponibile a quanto ho visto in tutte le biblioteche della Repubblica, o quasi – prende in esame, come recita il titolo originale (“Religione e società in Europa – Studio sulla secolarizzazione delle società europee tra il XIX e il XX secolo (1789 – 1998)”), i rapporti tra gli stati e le varie chiese dalla Rivoluzione fino ai giorni nostri. Remond è molto attento, perfino troppo insistente, parrebbe, nel definire fin dall’inizio quali sono i binari entro cui far correre il suo discorso: anzitutto, non un libro di storia religiosa - “la nostra ricerca non si colloca dal lato dell’atto di fede, ma da quello del fatto religioso, che ne è il corollario”. Una storia, quindi, che non vuole approfondire tanto il dato religioso nella sua profondità (ovvero, come esso era vissuto dalla massa dei credenti), quanto piuttosto il modo in cui esso, identificandosi in istituzioni, si confronta con gli “altri” poteri del mondo. La scelta stessa del termine “secolarizzazione” in loco di altri non-proprio-sinonimi tipolaicizzazione” è puntualmente giustificata in alcune belle pagine metodologiche. Ciò detto, si passa alla storia vera e propria, una trattazione esauriente, che non richiede un eccessivo numero di conoscenza pregresse, dei rapporti tra le istituzioni religiose e quelle statali: dalla simbiosi, non esente da attriti, dell’Antico Regime, ai giorni nostri, passando per l’insanabile spaccatura della Rivoluzione Francese, si consuma il lento e conflittuale divorzio tra potere civile e governo delle anime, inasprito dall’emergere di nuove realtà fortemente concorrenti come la nazione e il partito politico. Tra il XIX e il XX secolo, la Francia è sempre il campo di prova del conflitto aperto e il laboratorio dove si sperimentano sistemi “nuovi” di coesistenza: lo stato, da confessionale che era, assume una pluralità di atteggiamenti in cerca via via di una collaborazione efficiente, di un controllo sistematico o di un’assoluta neutralità, secondo la linea della celebre “legge di separazione” – e in tutti i casi la soluzione non può che essere provvisoria e parziale, lasciando aperte questioni cruciali come la scuola, il divorzio, la libertà di culto universale, alcune delle quali endemiche fino al nostro tempo; per non parlare del rapporto ambiguo e diversificato a seconda dei luoghi, tra le istituzioni religiose e i regimi totalitari. E’ un processo in cui non c’è nulla di scontato, se pensiamo al fatto che la legislazione civile è stata imperniata fino a pochi anni fa, o lo è ancora, anche in un’epoca di ormai compiuta secolarizzazione, su criteri morali di origine religioso, a volte per diretto intervento dell’istituzione religiosa (vedi le battaglie referendarie a noi contemporanee o poco anteriori), a volte per un’automatica sovrapposizione di valori (le leggi sul gioco d’azzardo, cita Remond, se non vado errato; e poi tutte le norme sul pudore etc etc), che è il segno di quanto travagliato sia stato l’assestamento di una morale pienamente laica; per non parlare  degli interrogativi su come le chiese debbano utilizzare la libertà dai condizionamenti dello stato paradossalmente “imposta” dalla separazione, e viceversa come debba reagire lo stato alle provocazioni delle chiese, che sembrano aspirare a ritrovare la propria coesione interna opponendosi frontalmente all’esterno. 

Il dibattito sui quali ci riporta direttamente all’inizio della recensione.