Brindone raccomanda vivamente questo libro. Non
lasciatevi dissuadere dalla recensione, per forza di cose
imperfetta e meschina. Se non apprezzate il suo stile fumoso e contorto, passate a qualcun altro degli innumeri
aggiornamenti di cui lord Gonzo va empiendo il sito in questi giorni di gastroiperattività.
Ma leggete le “Memorie di Adriano”.
Marguerite Yourcenar
Memorie di Adriano (con i Taccuini di appunti dell’autore)
Einaudi. Gli struzzi, 1988; 330 pg
con le appendici
Animula
vagula, blandula,
hospes
comesque corporis
quae
nunc abibis in loca
pallidula,
rigida, nudula,
nec ut soles dabis iocos
P. Aelius Hadrianus, Imp.
Sull’immagine comune dell’imperatore Adriano (76; 117 - 138) pesa
la responsabilità storica di aver posto fine all’espansione territoriale della
romanità, evacuando senza pensarci due volte la Mesopotamia
e la Dacia
annesse dal suo avventato predecessore, e fissando una volta
per tutte quel limes che dai tempi suoi non ha
fatto altro che recedere fino a collassare; nonché il
pregiudizio, vivo già presso i contemporanei e non infondato, di essere stato
più che un romano de Roma, un provinciale un po’ troppo infarcito di cultura
greca, amante di fanciulli e donne sposate. Marguerite
Yourcenar, al contrario di molta storiografia bigotta,
ha preso questo personaggio unico nel suo genere, e ne ha fatto una sorta di
simbolo dell’uomo “classico”, i cui lineamenti finiscono col trascendere epoche
storiche e definizioni geografiche. Adriano, in questo amplissimo
flashback in prossimità della morte, raccoglie tutto il senso e il non senso di
un’esperienza umana per forza di cose eccezionale; l’opportunità, forse
irripetibile nella storia, data a un uomo di godere senza limiti di tutte le
possibilità offerte da un mondo intero, di vivere una vita “perfetta” - e al
contempo la terribile responsabilità di mantenere intatta la multiforme somma
di bellezza –persone, cose, idee- affidatagli. Fallirà in entrambi gli scopi;
ma resterà pur sempre nei secoli lo splendido valore del tentativo. Pietra miliare
della letteratura occidentale contemporanea, finito dopo lunga gestazione nel
’51 ma scritto e riscritto senza tregua; romanzo difficile – l’ho letto due
volte, e ogni tanto lo risfoglio,
e ancora ho la sensazione di non averci capito una mazza – dallo stile
densissimo, impenetrabile a volte, ma con tutto l’impagabile fascino di un
cammeo ellenistico. Sublime.
http://www.radio.rai.it/radio3/terzo_anello/alta_voce/archivio_2003/eventi/2003_09_01_memorie_adriano