S. Valentino sul tetto del mondo   testi e foto Metatron e Dr.Gonzo

 

 

Un’automobile. Una strada. Due cuori. Sì, un San Valentino un po’ diverso. Ci lasciamo velocemente alle spalle la banalità della

 

Busa, salutiamo il mondo bigotto e vittoriano, e via. Il percorso non è lungo, ma il posto che

 

 abbiamo in mente di raggiungere è isolato e solitario. Eroi gay? Forse, perché no?

 

Romantici, sicuramente.  La salita si fa ben

 

 presto erta: “Devo mettere la terza o  va bene

 

 la seconda? No, perché fa questo rumore…”

 

 avvisa Metatron allarmatissimo. “Vai così.” I

 

tornanti si susseguono ininterrottamente e la

 

vegetazione si fa boschiva e boscosa. Arco è

 

ormai lontana, e le case divengono sempre più rare. Una vecchia croce suggerisce la fine della civiltà. Il cielo è coperto ma luminoso, ottimo per scattare buone foto.

“I tornanti non sono il mio forte” confessa Metatron allarmatissimo. “Vai così. Non c’è tempo per queste facezie.”

 

Le curve mettono a dura prova il nostro orientamento; Dr.Gonzo si stupisce della ridicolezza del lago di Garda da lassù.

 Ma quello non è il lago di Garda. Forse è il lago di Cavedine, o forse no”, corregge Metatron.  Pochi minuti e un cartello ci avvisa che siamo arrivati a destinazione: San Giovanni. Abbandoniamo l’auto e ci incamminiamo a piedi tra gli abeti. “Che bello, qui, tutto incontaminato!” fa Metatron indicando i tronchi tagliati di fresco dalle motoseghe dei boscaioli. Macchie di erica colorano la monotonia dei toni invernali con pennellate di fucsia acceso; di animali neanche l’ombra. D’estate, racconta Metatron, è pieno di fiori, e quasi si emoziona al solo pensiero di così tante vite delicate che tornano ogni primavera. “Mi piace coricarmi in mezzo ai fiorellini. Che pace! Che serenità!”.  Poi corre avanti, è ansioso di raggiungere la radura, dove il fitto bosco si ritrae per lasciare la scena al magnifico panorama.

 

Con uno sguardo ci accorgiamo di essere saliti parecchio. La valle è profonda sotto i nostri piedi, e i contorni delle cose sfumano come in un quadro impressionista.

 

Pare di essere sul tetto del mondo: in lontananza il lago di Garda (quello vero) coperto da una densa bruma, sovrastato dal mastodontico Monte Baldo. Di fronte a noi lo Stivo, altro monte dalla cima innevata che ricorda l’Hozomeen per l’immensa immobilità zen. Un albero solitario altrettanto zen sopravvive nella radura.