La volpe delle montagne       di  Dr. Gonzo

                                                                                         Fotografie: Ericuccia, Dr. Gonzo

 

 

 

Erano ormai giorni che ci spingevamo all’interno del bosco, i nostri sherpa ci avevano sconsigliato di proseguire, e loro stessi si rifiutarono ci condurci oltre, già quattro giorni prima. Ma il lavoro andava fatto

E non era la prima volta che io e il mio fotografo ci trovavamo in una situazione che mettesse a dura prova i nostri nervi. Ma sapevamo come cavarcela. Ericuccia era già stata qui, anni fa, per la sua comunione, aveva pranzato al rifugio

S. Pietro, come chiamano gli indigeni questo posto sperduto subito a N-NW di Riva del Garda. Berta (la Punto blu di Ericuccia, NdR) arrancava mentre raggiungevamo la fine dell’ultima strada sterrata percorribile, su per i tornanti che da Tenno portano a Canale. La spia della benzina non ci dava tregua, immobile e minacciosa nel cruscotto plasticone. Mauro era già avvertito: “se ci si ferma la macchina, sai cosa devi fare”. “Ok, porto la tanica”. Ericuccia guidava sicura, mentre io cercavo i sacchetti per il vomito. Parcheggiammo l’auto all’ombra dei primi alberi. Pini, abeti, larici, faggi, querce regnavano silenziosi davanti a noi. Il sentiero era disseminato di boazze  (merde, NdT) di cavallo, ma schivarle non era troppo difficile. La pendenza sfidava i muscoli delle nostre gambe, giorni e giorni di cammino ininterrotto; le scorte di viveri si riducevano di pasto in pasto (come c’era da aspettarsi), per fortuna l’acqua di fonte non mancava, con il suo intenso retrogusto di boazza di cavallo.

 

Ma i nostri sforzi furono premiati, e raggiungemmo infine la meta. Un panorama mozzafiato sotto i nostri occhi: la sponda Nord del Lago di Garda, e il Sarca che come un fulmine taglia la Busa in due parti uguali, sfiorando, prima di sfociare, il Monte Brione, che può essere paragonato solo a Everest e K2 per maestosità e altitudine.

Il rifugio era chiuso, c’era solo un cavallo pieno d’api. Non c’era molto da fare lì in alto, ed era quasi ora di cena. Scattate alcune ottime foto, Ericuccia s’è seduta e io correvo e correvo senza motivo con Buk.

Poi è venuta fame un po’ a tutti e due, e abbiamo deciso di scendere. La Cele, allarmata perchè il mio cellulare non prendeva, chiamò su quello di E. e quando seppe che ero vicino ad un rifugio si spaventò, e cercò di mettermi in guardia sulla presenza di briganti o bande di assassini e altre cose del genere, ma, ad essere sincero, non fui molto impressionato.

Ripartimmo, così, di buona lena, di nuovo attraverso il bosco, la discesa era molto meno faticosa,checché ne dica Brindone.

In pochi minuti, ritrovammo Berta, e scorgemmo due vecchi che tiravano una pietra su un carretto, forse la rubavano dal bosco.

Ora guidavo io, Ericuccia si preoccupava accanto a me del mio difetto di non saper fare le curve, ma non le davo retta, e sfrecciavo giù per i tornanti.

Ad un tratto – la strada serpeggiava per diversi chilometri nel bosco – quello che, a prima vista, sembrava un cane di media taglia, sbucò dall’ombra. Inchiodai. Urlai al fotografo di prendere la macchina fotografica, e lei rapidamente aprì l’obiettivo. Mirò, scattò. Guardammo la foto: un albero. “Dammi la macchina, presto!”, ed uscii dal veicolo. Click.  Una bella volpe rossa. “Ti attacca la rabbia” disse subito la Cele al telefono. Era la prima volta che ne vedevo una. Non per Ericuccia, che disse anche di aver visto un ghiro più grosso di una volpe, ma non so se c’è da crederci. “Ma intendevo un tasso!” rettifica solo ora. Rincorsi la volpe, mentre da dietro sentivo le urla dell’Ericuccia “No che la fai scappare!!!”; aveva ragione, la volpe trotterellò nel bosco e buonanotte al secchio.

Per fortuna, subito dopo, trovammo delle balle di fieno in miniatura che si riesce a sollevarle e ti senti un gigante, con cui distrarmi, che non mi fecero rimpiangere di non essere riuscito ad accarezzare la volpe.

Ma questa è solo una delle tante avventure che abbiamo vissuto; pensate che l’altro giorno catturammo e inscatolammo un corvo ferito alla testa, poi lo consegnammo ai vigili del fuoco che qui fanno un po’ di tutto.

Allego altre foto e vado a letto.