Le conseguenze dell’amore  

di Paolo Sorrentino

Noia, routine, solitudine, isolamento, incomunicabilità: sono questi i termini più generali in cui si inquadra la vicenda umana del commercialista Titta Di Girolamo, in Svizzera per un lunghissimo (un ventennio) viaggio d’affari (quali?), impersonato da un superbo Toni Servillo, protagonista de “Le conseguenze dell’amore”. Si potrebbe dire che Di Girolamo non soffra la sua condizione di estraneità alla vita: dopo anni di emarginazione nello squallido anonimato di un albergo del Canton Ticino, ha avuto tempo per assimilarla, ed ora ne è indifferente, quasi una sorta di immunità. Venuta meno qualsiasi relazione sociale, non gli resta che guardare il mondo dalla finestra, fumare di continuo, “auscultare” le persone da dietro il muro, una volta a settimana e mai con leggerezza ma sempre con la stessa metodica precisione che regola ogni suo gesto farsi una dose di eroina, congetturare dell’esistenza altrui così come i suoi sporadici interlocutori fanno ipotesi sulla sua. Titta Di Girolamo si è talmente abituato a questo nulla da farne la propria più grande difesa, il suo schermo più protettivo. Dove questo non può, interviene l’arma dell’ironia, un sarcasmo che ha per oggetto l’assurdo che regola l’esistenza quotidiana. Quel che forse ci avvicina di più alla figura di questo distinto e misterioso personaggio è la sua passività alla vita: Titta si trascina, abbandonato a quello che il suo passato gli ha determinato e gli riserva nel presente. Pare un uomo finito ma l’incontro con una cameriera del suo albergo, o meglio gli sguardi rubati e i saluti di lei non ricambiati, risveglia in lui le emozioni sopite e produce un nuovo slancio. Se poi si mette pure il fratello, dai modi, a detta di Titta, superficiali che pure rappresentano una luce gettata nel grigiore  della sua esistenza monotona, il passo è breve per compiere il gesto più pericoloso ed avventato: Titta saluta il fratello in partenza, sembra non attendere altro che se ne vada, accelera il passo (sic) probabilmente come non mai da vent’anni a quella parte, si siede al banco (sic) di fronte alla cameriera. Dopo questa metànoia nasce insieme a un sentimento reciproco un nuovo interesse di Titta per la vita, le prime flessioni della voce sono indicatrici di un nuovo sentimento, la paura, che è timore di perdere quel poco (ma è tutto) che aveva avuto il coraggio di guadagnarsi. Acquista una nuova dignità ed ora non ci sta più a farsi imbrogliare ad asso-pigliatutto, mentre prima sapeva ma taceva e pagava. Purtroppo gli “affari” di cui Titta si occupa prenderanno una piega inaspettata, ma il Nostro oserà servirsi di questi per conquistare la sua amata. Sentiremo parlare il vero Titta Di Girolamo, l’uomo non la maschera, solo alla fine del film, nello stesso giorno in cui si drogherà al di fuori del calendario fissato, in balìa delle sconvolgenti conseguenze dell’amore. Sarà poi il destino, vero protagonista della vicenda con le sue trame beffarde, a rispondere al coraggio del Nostro e riportare la sua vita sui binari della sconfitta e della solitudine; quell’ultimo appiglio, speranzoso ed al contempo rassegnato : “Ci sono messaggi per me?” sembra essere pronunciato in un attimo lungo un’eternità.

“Le conseguenze dell’amore” è stato definito un noir metafisico, non comunque a torto; piuttosto è una tragedia ironica più vicina alla letteratura beckettiana ed alla filosofia esistenzialista che alla tradizione del poliziesco o della detective-story. Girato con ardita maestria dal bravissimo Paolo Sorrentino, uno dei pochi registi italiani con il coraggio di innovare nell’ambito del linguaggio cinematografico,  perfettamente sorretto da una polimorfica colonna sonora che arricchisce i contenuti di riflessione del racconto, rappresenta forse il film più riuscito degli ultimi anni in Italia. Ci svela un mondo in cui gli uomini sembrano monolitici, ma sono in realtà poliedrici e nascondono sempre qualche lato nascosto della loro psicologia, qualche “segreto inconfessabile” se vogliamo credere a Di Girolamo. Malgrado l’amarezza e la rassegnazione nei confronti di un mondo simile, Titta sembra ancora esortarci “a non smettere mai di avere fiducia negli uomini”.

    

                     Degababa

 

 

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